Il gatto può diventare vegano oppure no?

Può esistere un gatto vegano? Cerchiamo una risposta a questa domanda in base alle caratteristiche e ai comportamenti del nostro micio

Può esistere un gatto vegano? Diciamoci la verità, si tratta di un interrogativo che si sono posti in molti. E, alla base della domanda, c’è la05 grande popolarità che questa dieta ha raggiunto negli ultimi anni.

A chiederselo sono a volte dei semplici curiosi, che magari non hanno indagato a fondo sulle necessità nutrizionali di questo animale, ma anche e soprattutto gli stessi vegani che vorrebbero far adottare ai loro pets il loro stesso regime alimentare.

Facciamo dunque luce una volta per tutte su questa faccenda, analizzandone le varie sfaccettature nonché le conseguenze di una scelta del genere.

Il gatto e la dieta vegana

gatto arancione

La dieta vegana consiste in un’alimentazione che esclude qualsiasi tipo di cibo proveniente dagli animali. Ciò significa che rispetto a quella vegetariana non prevede solo l’astinenza dal consumo di carne e pesce, ma anche di uova, latte, latticini, miele e altri prodotti che non comportano necessariamente l’uccisione di animali.

I motivi sono molteplici e spesso in correlazione tra loro: da quelli religiosi a quelli etici a una spiccata sensibilità nei confronti dell’ambiente, fino ad arrivare ad esigenze dietetiche più o meno personali.

Torniamo adesso alla domanda che ci siamo posti all’inizio di questo articolo: può esistere un gatto vegano? Presa letteralmente, questa domanda ha in realtà una risposta più semplice di quanto sembri, e si tratta di un netto no.

Perché un gatto vegano non può esistere?

gatto accanto a una pianta

Un gatto non può diventare vegano, proprio come non può diventare vegetariano, per il semplice fatto che non è in grado di acconsentire autonomamente ad un cambio di dieta, soprattutto così radicale; né le motivazioni (anche complesse) che possono portare noi ad effettuare questo cambiamento sulla nostra alimentazione avranno alcun peso su di lui.

Il vero dubbio è infatti se sia o meno lecito o anche solo possibile costringere un gatto ad abbandonare il consumo di qualunque alimento che abbia origine animale, senza che ciò provochi delle conseguenze negative sulla sua salute. In questo caso la risposta è già più complicata.

Comportamenti più o meno naturali

gatto contrariatoLa linea più condivisa da esperti e semplici appassionati tende a essere la seguente: i gatti sono dei carnivori stretti, il che significa che più di altri animali domestici (come ad esempio il cane) necessitano di consumare carne e le sostanze nutritive in essa contenute per crescere e restare in buona salute, in particolare le proteine.

Di conseguenza andare a privarlo di tali sostanze è non solo rischioso per l’animale, avviato suo malgrado verso un’alimentazione decisamente innaturale per lui e in totale contrasto con le sue origini di predatore, ma anche illegale in molti Paesi (come ad esempio il Regno Unito, in cui tale pratica è punita anche con il carcere).

La loro legislazione ha infatti stabilito come questa imposizione da parte dell’uomo possa essere considerata a tutti gli effetti una forma di maltrattamento nei suoi confronti: una contraddizione non da poco per chi adotta la dieta vegana in opposizione a qualsiasi abuso o crudeltà verso gli animali.

A questo punto alcune persone tendono a obiettare a questa premessa, citando una lunga serie di comportamenti non strettamente naturali che però il gatto ha adottato e a cui ha dimostrato di essersi del tutto abituato nel corso della sua lunghissima storia.

Il gatto allo stato brado

gatto che cacciaq

In effetti è passato molto tempo dall’epoca in cui viveva esclusivamente allo stato selvatico. Ai tempi si cibava di prede occasionali e senza poter contare su un rifugio sicuro o degli umani che lo accudissero.

Se ci ritrovassimo davanti quello stesso gatto siamo abbastanza convinti che non sarebbe propenso ad accettare le nostre carezze come il nostro micio di casa, né tantomeno sarebbe disposto a fare i suoi bisogni nella lettiera. E probabilmente, piuttosto che cibarsi dei soliti croccantini, preferirebbe di gran lunga andare a caccia di qualche topo per riuscire a sfamarsi.

Se è vero che un’evoluzione nelle abitudini e nei comportamenti del gatto è avvenuta, principalmente in concomitanza con il suo progressivo addomesticamento da parte dell’uomo, è anche vero però che le sue esigenze in ambito di alimentazione sono rimaste pressoché immutate nell’arco di millenni.

Vediamo dunque nel concreto di quali esigenze si tratta, e perché non è il caso di associare l’alimentazione ad altre abitudini “malleabili” del gatto, commettendo l’errore di considerarlo un animale adattabile in tutto e per tutto ai nostri desideri.

Cosa mangia e come mangia un gatto

gatto nel prato

Cosa si intende più precisamente per carnivoro stretto? Si tratta di un’espressione utilizzata per definire gli animali considerati “più carnivori degli altri” e che rispetto a loro necessitano di una maggior percentuale giornaliera di carne.

Sono dotati inoltre di determinate caratteristiche morfologiche e fisiologiche che lo rendono ancor più di altri propenso al consumo e all’assimilazione di questo alimento.

Poiché il nostro micio rientra proprio in questa categoria, analizziamo tali caratteristiche in modo più dettagliato. Innanzitutto i suoi denti sono piuttosto aguzzi e ideali per azzannare le prede e lacerare e tagliare la carne, mentre sono meno adatti a masticare ripetutamente erba e altri vegetali come sarebbero in grado di fare degli animali erbivori.

Lo stomaco del gatto è molto grande (6 volte rispetto al nostro, in proporzione al resto del corpo) e in grado non solo di dilatarsi quando si ciba di prede intere, ma anche di spostare fisicamente gli altri organi quando è completamente pieno. È inoltre 6 volte più acido del nostro, rendendolo capace di digerire ogni parte della sua preda (comprese ossa e piume).

Veniamo poi all’intestino: è decisamente più corto rispetto agli onnivori e molto più corto rispetto agli erbivori. Questo particolare rende il gatto incapace di digerire verdure e fibre come lo siamo noi, e di conseguenza dovrebbe assumerne in quantità assai minore.

Quali nutrienti servono al gatto?

gatto con la bocca aperta

Una caratteristica fisiologica da non sottovalutare è poi la necessità da parte del gatto di assumere determinate sostanze essenziali. Si tratta di nutrienti indispensabili per il suo sostentamento. Parliamo in particolare di:

  • Taurina e arginina, amminoacidi contenuti principalmente nelle proteine animali;
  • Acidi grassi essenziali come il linoleico, il linolenico e l’arachidonico. Fungono da fondamento per le membrane cellulari e rappresentare una importante fonte di energia danno anche sapore e consistenza al cibo. Anch’essi sono principalmente prodotti da animali.
  • Vitamina A preformata, che rafforza il sistema nervoso e protegge l’organismo da molte malattie;
  • Vitamina B6, che svolge un ruolo importante nella regolazione del metabolismo e dell’elasticità del muscolo cardiaco. Inoltre aiuta la produzione di globuli rossi e l’assorbimento di acidi grassi.
  • Proteine in quantità superiore a molti altri mammiferi; oltre a produrre gli amminoacidi rafforzano il sistema immunitario e i tessuti.

Esistono innumerevoli diete e programmi alimentari per i nostri amici felini. Alcuni di questi prevedono l’utilizzo di prodotti del tutto vegani a cui sono state aggiunte delle sostanze, come la taurina, che normalmente sono prerogativa di alimenti di origine animale.

Questa combinazione vuole rappresentare un’alternativa completa e sicura al consumo di carne. Detto questo, però, far diventare il gatto vegano è generalmente sconsigliato, per tutte le ragioni che abbiamo illustrato in questo articolo.

Ricordiamo inoltre che un consumo insufficiente di proteine animali, amminoacidi e vitamine comporta dei rischi anche molto seri per la salute del nostro amico a quattro zampe. Tra questi ricordiamo lo sviluppo di allergie o intolleranze, aumento delle infezioni, perdita di massa muscolare, cecità (carenza di taurina) e patologie come la lipidosi epatica e la cardiomiopatia dilatativa.

Il gatto e la carne tra gusti e istinto

gatto arancione

Come abbiamo accennato in precedenza, esistono nel comportamento abituale del gatto  dei tratti che ricordano le sue origini più selvatiche. Sono atteggiamenti che rappresentano un retaggio pressoché immutato nel tempo.

Tra questi possiamo ricordare la tendenza a sotterrare il cibo, a rincorrere e catturare piccoli animali anche se a casa lo aspetta comunque una ciotola di cibo pronto per lui, e a volte a portarci le loro prede in casa anche senza provare a cibarsene.

Si tratta di istinti di cacciatore che noi stessi riconosciamo, anzi, che spesso incoraggiamo. Basti pensare ai giochi e trucchetti che utilizziamo per passare del tempo con lui e fargli fare movimento. E non è un caso che la temperatura generalmente consigliata per i suoi pasti si aggiri intorno ai 30°, quanto più simile a quella di una preda appena uccisa.

E come se tutto questo non facesse rientrare il nostro micio nella categoria di carnivoro per eccellenza, c’è da sottolineare anche il fatto che a lui il sapore della carne piace tantissimo. Le sue papille gustative facilitano la rimozione della carne dalle ossa per via della loro particolare conformazione; esse sono inoltre molto sensibili al gusto umami (letteralmente “saporito”, caratteristica del glutammato presente in molti cibi altamente proteici).

I rischi del gatto vegano

gatto con sguardo attento

È bene ricordare che l’alimentazione svolge un ruolo centrale nel determinare la qualità e la durata della vita di un animale. A differenza di quanto avviene per noi, che possiamo decidere autonomamente come alimentarci senza dover rendere conto a nessuno, i nostri gatti dipendono esclusivamente da noi per il loro benessere.

Noi abbiamo la responsabilità di garantirlo a ognuno di loro ad ogni costo, anche quello di contraddire le nostre personali convinzioni. Determinare la dieta più corretta per il proprio micio non è un compito facile. Anche la più popolare e consigliata può non essere adatta per ogni singolo esemplare.

È per questo che generalmente ci si affida al consiglio di un veterinario almeno per ricevere delle linee guida generali per sapere come potersi regolare.

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